Un dono prezioso da Vilma per tutti i lettori di Merlina: il racconto “ La bella dormiente”
E' stato tra i dieci finalisti del concorso nazionale “ Trichiana paese del libro” con presidente di giuria Antonio Scurati.

<< Mike
aveva il pacco ancora chiuso appoggiato sul tavolino accanto alla
finestra, la giornata era limpida e la montagna si stagliava netta e
pulita, senza una nuvola, davanti a lui.
Ha
avuto le sue istruzioni, ora deve metterle in pratica.
Esita,
gli sembra ancora così strano essere lì, aver fatto quel lungo
viaggio solo per sedersi a quel tavolo e aprire un pacco guardando la
montagna, ma aveva promesso, e le promesse si mantengono.
Quando
era arrivato, il giorno prima, aveva dovuto affrontare la diffidenza
dei suoi cugini, mai visti e soprattutto mai sentiti, li capiva, chi
è questo americano che parla così bene l'italiano e chiede di
essere ospitato nella vecchia casa, in camera di Fosco, camera chiusa
da anni e dimenticata, come la vecchia cascina che è in vendita da
anni ma nessuno vuole.
"Sono
Mike, abito a Philadelphia, mio nonno era Fosco, il fratello di
Giuseppe, vostro nonno".
Mario
si era avvicinato e gli aveva stretto la mano, Elsa e Bianca si erano
limitate a un cenno con il capo, sapevano chi era, ne avevano sentito
parlare - il cugino americano - ma pensavano che non l'avrebbero mai
conosciuto, d'altra parte la cosa non le interessava proprio.
Avevano
acconsentito alla sua richiesta solo perché speravano che volesse
acquistare la casa e poi se si fosse sistemato lì non avrebbe rotto
le scatole a loro.
"
Mi fermerò solo qualche giorno, non voglio disturbare, voglio stare
nella camera di mio nonno e voi non dovete preoccuparvi di nulla,
penso io a sistemarla "
Bianca
gli tirò un'occhiata storta " E' chiusa da anni, sarà piena di
polvere ….da pulire"
"
Nessun problema, se c'è qualcuno che si può occupare delle pulizie
io sono pronto a pagare il dovuto"
Elsa
si fece avanti " Se mi paghi le pulizie le faccio io"
"
Elsa !" Bianca non sembrava d'accordo " possiamo chiamare
la Luisa.."
"
Ma se paga…perché chiamare un'altra" piantò gli occhi
addosso a Mike " ci penso io, 10 euro all'ora"
"
bene" Mike non capiva questo atteggiamento scontroso ma in
fondo, non era lì per loro.
Jamil
seguiva le mani di Don Paolo che si muovevano nell'aria e delineavano
i contorni della montagna come se fosse un quadro su una tela.
"Vedi,
questo è il profilo del viso poi le mani incrociate e la veste lunga
fino ai piedi"
Gli
occhi ridenti del prete incrociano quelli del ragazzo afgano e il suo
stupore.
Jamil
l'aveva seguito fino alla chiesetta di pietra, su per il ripido
sentiero e poi si erano seduti sull'erba e Don Paolo aveva tirato
fuori dallo zaino due panini con la frittata e due bottigliette
d'acqua minerale.
"È
bello qui, vero? " e aveva sorriso.
Jamil
aveva annuito e gli si era seduto accanto, non capiva tutto quello
che gli diceva ma si fidava, quello che piaceva a Don Paolo piaceva
anche a lui.
'La
vedi quella montagna , strana vero?"
Jamil
non ci vedeva niente di strano, era solo una montagna come le tante
che aveva attraversato e meno bella delle grandi montagne intorno al
suo villaggio.
"Si
chiama la bella dormiente , il profilo di una donna addormentata,
strano vero?"
Aveva
addentato il panino e bevuto un sorso d'acqua prima di iniziare a
tracciare il profilo della montagna. Con stupore Jamil l'aveva vista
apparire, come se le mani del sacerdote la stessero dipingendo per
lui, svelando il profilo di una gigantesca fanciulla di pietra che
avrebbe dormito per sempre.
Aveva
riso, dicendo - si si - e provando la cosa più vicino alla felicità
come non gli succedeva da un tempo lontano, assaporando il panino e
il silenzio di una pace dimenticata.
"Ti
racconto"
Don
Paolo si era voltato di scatto, la bocca piena di pane e di domande
da trattenere, Jamil non aveva mai voluto parlare del come e perché
era arrivato qui, si sapeva ben poco di lui e quel poco erano notizie
estrapolate dai pochi documenti in suo possesso.
"Ti
racconto" in un italiano stentato, la sua storia era uguale a
quella di tanti altri, la fuga, le lunghe marce a piedi, la fame, il
freddo, il caldo, il mare da attraversare.
"Don,
io non torno, io a casa non torno mai, io sto qui"
"Perché,
Jamil, perché non pensi che un giorno potresti tornare nella tua
terra?"
Il
ragazzo aveva gli occhi chiari, il sole li rendeva luminosi, guardava
la montagna e sorrideva.
"Mi
piace"
Poi
si era alzato, frugato nelle tasche e trovato un sacchettino di tela
lo aveva teso al prete, con un gesto maestoso, solenne.
Don
Paolo non capiva " io non torno, io portato mia terra qui, se
mescolo mia terra con questa terra allora anche questa terra diventa
casa mia"
Si
accuccio' vicino al prete e apri' piano, con delicatezza, il piccolo
sacchetto di tela.
Dentro
c'era della terra scura, una manciata di terra afgana.
La
camera di Fosco era come lui l'aveva descritta, Mike la conosceva
bene, senza esserci mai stato.
Nessuno
se ne era interessato ed era rimasta come Fosco l'aveva lasciata,
quasi ottant'anni prima.
Elsa
aveva fatto un buon lavoro, il grande letto in legno aveva uno
splendore antico, le lenzuola erano pulite e profumate, aveva
acquistato un copriletto nuovo e anche se il materasso era un po'
scomodo ci si poteva adattare per una notte.
Tutto
era stato ripulito a fondo. Aveva preteso che fossero rimesse a posto
le fotografie che si trovavano sparse nei cassetti, lucidate le
cornici, passata la cera sui mobili.
Elsa
obbediva in silenzio, probabilmente stupita dallo zelo del cugino ma
era stata ben pagata e questo le bastava.
Mario
lo aveva invitato a pranzo ma Mike aveva declinato l'offerta "non
voglio disturbare, mi fermerò' solo due giorni, una sola notte, ho
visto una trattoria in paese, grazie comunque"
Mario
non aveva insistito, era veramente stupito che quel tipo avesse fatto
fare un lavorone a Elsa per poi dormirci una notte, probabilmente non
c'era speranza acquistasse la casa ma pazienza, solo non capiva cosa
fosse venuto a fare.
"Sono
qui perché ho fatto una promessa al nonno"
I
tre cugini non avevano mai conosciuto Fosco e nonno Giuseppe si era
limitato a raccontare che aveva un fratello emigrato in America.
Mario
aveva cercato di saperne di più, c'era stato un tempo in cui sognava
di andarsene da lì, da quel piccolo paese in collina e il sogno
grande era l'America.
Quando
era ragazzo, sognava anche lui la California e quel parente americano
gli avrebbe fatto comodo ma nonno Giuseppe sbuffava e decretava "te
me de bale, hai solo balle"
Si
erano dimenticati di Fosco, la cascina cadeva a pezzi e volevano
disfarsene, nessuno di loro aveva i soldi per ristrutturarla , il
marito di Bianca avrebbe voluto ma si era arreso dopo i preventivi di
ristrutturazione e ora questo cugino americano arrivava a tirare
fuori cose vecchie e sepolte, come i loro rispettivi nonni.
"Guarda
che un pezzo di cascina è anche suo"
Si
erano riuniti a casa di Mario per capire come comportarsi e stavano
discutendo se lasciare che Mike rovistasse tra le cose di famiglia,
di cui fino al giorno prima a nessuno importava ma che
improvvisamente erano diventate - proprietà -.
"Bianca
ha ragione, era anche di Fosco , d'altra parte il Mike se ne sta
chiuso in camera sua e si interessa solo delle cose di suo nonno"
"Ma
cosa è venuto a fare ?" A Bianca non piaceva per niente,
difficile comunque piacerle.
"Dice
che deve mantenere una promessa, Elsa, tu che sei stata lì...che
faceva?"
Elsa
stava sempre in un mondo suo ed era molto più interessata ai cuscini
nuovi del divano che alla conversazione "Eh…cosa…niente, non
faceva niente di che, ha rotto le balle con le fotografie, tira fuori
questa, metti sul comò quest'altra, pulisci bene la cornice, che
balle !!! Belli i cuscini, Mario, dove li ha comprati Maria?"
"Lascia
perdere i cuscini, ma non ti ha detto niente, possibile gli interessi
solo la camera pulita…quello arriva dall'America per far pulire la
camera di suo nonno? Elsa, pensaci, non ha chiesto niente, non ha
fatto niente di strano?"
"Te
l'ho detto, si è fissato con sta camera e per fortuna mi ha pagata
bene se no, col cazzo che mi mettevo a pulire quella finestra piena
di ragnatele e cacche d'uccello….devo chiedere a Maria se li ha
comprati al mercato"
"Cosa"
"I
cuscini"
"Elsa,
santiddio, che finestra?"
"Ha
detto, lascia stare la finestra che dà sul cortile ma quella che si
apre sulla montagna la devi far splendere, scemo che è, era uno
schifo quella finestra, sono secoli che nessuno l'apriva, ho fatto
una fatica…"
I
tre erano, se possibile, ancora più confusi.
"Dov'è
che vuoi mescolare la terra, Jamil ?"
Don
Paolo aveva in grembo il sacchetto aperto, la terra era scura,
rossastra. Jamil ne prese delicatamente un pizzico con le dita e fece
un cenno verso la montagna " Lì" Don Paolo scoppiò a
ridere " Jamil, non è possibile, la montagna è lontana e per
niente facile da raggiungere, c'è una valle, laggiù, e tanta gente
che ci vive, la bella dormiente svanisce se ci vivi sopra"
"
No, Don, va bene dove si vede la donna, va bene qui"
"
Qui è un prato, non si può coltivare, non capisco , cosa vuoi
fare?"
"
La mia terra si deve mescolare con la tua, qui bello, pace, silenzio,
qui chiesa e tu ami chiesa, io non so se rimanere, se mi lasciano
rimanere, ma qui mi piace resti mia terra, non so dove vado e non so
più quale mio posto ma voglio avere due case, una lontana e una qui"
"Perché?"
Don Paolo aveva capito ma voleva sentirlo dire.
"Perché
qui tu buono, perché qui terra buona e perché mia terra avrà di
fronte donna addormentata, come mia madre"
Mike
apri' il pacco, come voleva nonno, seduto con la finestra spalancata
sulla montagna.
Glielo
aveva sentito dire innumerevoli volte, sin da quando, bambino, se lo
prendeva sulle ginocchia e mostrava la foto.
"Questa
è casa mia, questa montagna si vede dalla finestra della mia camera"
e poi con le mani ne segnava il contorno, come disegnandola.
"La
vedi la donna addormentata ? Si chiama la bella dormiente e l'ho
lasciata là, incorniciata nella mia finestra "
L'ossessione
per la montagna si manifestava con fotografie di varie dimensioni
sparse per la casa e veniva tollerata da Marilyn e da tutti quelli
che lo conoscevano.
A
casa parlava italiano e sua moglie, americana, che sapeva a malapena
dove fosse l'Italia, aveva imparato una lingua che parlava solo con
lui e con suo figlio, e in seguito con il nipote.
Fosco
amava il paese in cui viveva ma questo non gli impediva di amare
anche quello da cui veniva.
Fuori
dalle mura di casa non si esprimeva mai in italiano, molti dei suoi
compaesani pensavano l'avesse dimenticato, lavorava alla General
Motors, guidava una Chevrolet e si era comprato la casa con il patio
e il barbecue in giardino, i suoi amici erano yankees e uno sparuto
gruppo di italiani con cui parlava solo in inglese.
Dopo
la disgrazia si chiuse in se stesso, vendette la Chevrolet e lasciò
arrugginire il barbecue, ora in italiano parlava solo con Mike.
Tra
l'uomo e il ragazzino l'affetto divenne unico e profondo, quando il
nonno parlava della sua montagna lui già sognava il giorno in cui
sarebbero andati insieme a vederla.
Faceva
così parte della loro vita, quella piccola ossessione ,che Mike non
se ne chiedeva il motivo. Lo fece una volta soltanto, già ragazzo al
College, era Natale ed era tornato a casa, aprivano i regali, loro
due soltanto, il nonno felice di averlo vicino.
"
Nonno, ma perché questa montagna, cosa ha significato per te da
esserne così legato?"
Lui
aveva riso, riso forte " Mike, la montagna è il ricordo,
l'unico bello…io non ci tornerei mai a vivere là "
Mike
l'aveva guardato stranito " Ma se è da sempre che ne parli, ma
se ci sono foto dappertutto…nonno, hai obbligato pure la nonna a
imparare l'italiano…"
"
ora ti spiego" e si era seduto sulla sua poltrona preferita,
proprio sotto la fotografia gigante della montagna, quella che teneva
quasi tutta la parete.
"
Non è che fossi molto felice, in Italia, me ne sono andato perché
mio padre si era messo la camicia nera e voleva farla indossare anche
a me, avevo 16 anni e nessuna voglia di essere fascista, sognavo
l'America. Mio fratello invece non vedeva l'ora di mettersi quella
roba nera addosso e io ricevevo solo schiaffoni e urla. Gli
schiaffoni diventarono botte più dure e io stavo chiuso in camera,
l'unica cosa bella che vedevo era quella montagna. A me piaceva
Giulia, non so nemmeno se a lei io piacevo, non ho mai trovato il
coraggio di chiederglielo, ma un giorno, uno dei pochi che mi hanno
lasciato uscire, si vergognavano di me, alla festa del paese abbiamo
chiacchierato seduti sulla panchina davanti alla montagna e io non
avevo mai notato che fosse una donna sdraiata, per me era una
montagna e basta, lei con la mano ne aveva disegnato il contorno e mi
aveva detto il suo nome. Muoveva quella mano in un modo così
delicato, dolce, ripeteva, sai si chiama bella dormiente, io guardavo
e vedevo per la prima volta e ho sempre pensato le assomigliasse.
Pochi
giorni dopo Giulia è stata uccisa da una camionetta guidata da
ragazzotti del fascio ubriachi e io ho deciso che quel posto non era
più casa mia. Sono scappato, ho pure rubato i soldi che mamma teneva
nel barattolo in cucina e non so come sono arrivato a Genova. Con
quei pochi soldi non è stato difficile imbarcarmi e venire qui.
Questo è diventato il mio paese ma le radici pesano, rimangono
attaccate sotto, è così difficile strapparle, io volevo
rimanessero solo una cosa mia, nostra, della famiglia. Queste
riunioni nostalgiche tra italiani non mi sono mai piaciute, ho
faticato a imparare l'inglese ma ora è la mia lingua, questo non
significa che non debba saper parlare l'italiano"
Mike
lo guardava confuso, tutto era diverso da come lui aveva sempre
pensato.
"
Mike, io non ci tornerò in Italia, ci andrai tu, dopo che io me ne
sarò andato, andrai a vedere la mia camera, la finestra sulla
montagna e la donna addormentata, quando sarà ora.. non
oggi...speriamo ancora per un po'"
Aveva
riso forte e abbracciato Mike, nel suo modo solito, stringendo fin
quasi a far male.
C'era
stato ancora un bel po', nonno Fosco si era spento una mattina di
dicembre a novantasei anni, ancora vigile e forte, addormentato sulla
sua poltrona preferita, quella sotto la montagna.
Il
pacco era nel cassetto del suo comodino, con una lettera sopra. - Per
Mike-.
Ciao
Mike, spero di essermene andato senza soffrire e senza dar fastidio –
accontentato,
nonno, accontentato-
come vedi qui c'è un pacchetto, ne abbiamo parlato una volta, tanto
tempo fa. Aprilo in camera mia, davanti alla montagna, quando lo
aprirai capirai da solo cosa devi fare. Che non ti venga in mente di
portare le mie ceneri laggiù, primo, io non voglio essere
cremato,secondo, io voglio andare sotto terra, se trovi posto mettimi
vicino a Marilyn e a tuo padre e tua madre, loro sono stati
fortunati, se ne sono andati insieme. Per fortuna io avevo te e devo
dire che anche tu sei stato fortunato ad avere me. Mentre lo scrivo
rido, immagino la tua espressione, stai pensando nonno sei sempre lo
stesso, vero, io sono rimasto sempre lo stesso, non ho dimenticato
quello che ho lasciato ma sono stato felice di quello che ho avuto.
Un abbraccio a Sally, ti ho sempre detto che ti sei preso una gran
donna e un bacio a Daniel.
Non
dimenticare mai di parlare italiano con lui.
Nonno
Fosco
p.s
nella busta ci sono i soldi per l'aereo.
Mike
era uno dei migliori avvocati di Philadelphia, la risata riempì la
casa vuota ed era uguale a quella di suo nonno.
Li
usò, quei soldi, per il biglietto aereo, deciso a seguire
esattamente le cose come le aveva stabilite lui e ora doveva aprire
il pacco.
Dentro
c'erano due sacchetti di tela, uno a quadretti bianchi e rossi
sbiaditi e l'altro di tela blu, più in buono stato.
Contenevano
entrambi terra, quella del sacchetto a quadretti era secca e dura,
l'altra più morbida e scura. Sul fondo del pacco un biglietto
appiccicato con lo scotch MESCOLARE CON CURA E REGALARE ALLA
MONTAGNA.
La
giornata era limpida e la montagna si stagliava netta davanti a lui.
Seguì
le istruzioni e soffio' forte, una nuvola di terra volò verso la
bella dormiente.>>
Grazie Vilma, che splendido regalo!
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