martedì 13 giugno 2017


Un dono prezioso da Vilma per  tutti i lettori di Merlina: il racconto “ La bella dormiente” 
E' stato tra i dieci finalisti del concorso nazionale “ Trichiana paese del libro” con presidente di giuria Antonio Scurati.

  

<< Mike aveva il pacco ancora chiuso appoggiato sul tavolino accanto alla finestra, la giornata era limpida e la montagna si stagliava netta e pulita, senza una nuvola, davanti a lui.
Ha avuto le sue istruzioni, ora deve metterle in pratica.
Esita, gli sembra ancora così strano essere lì, aver fatto quel lungo viaggio solo per sedersi a quel tavolo e aprire un pacco guardando la montagna, ma aveva promesso, e le promesse si mantengono.
Quando era arrivato, il giorno prima, aveva dovuto affrontare la diffidenza dei suoi cugini, mai visti e soprattutto mai sentiti, li capiva, chi è questo americano che parla così bene l'italiano e chiede di essere ospitato nella vecchia casa, in camera di Fosco, camera chiusa da anni e dimenticata, come la vecchia cascina che è in vendita da anni ma nessuno vuole.
"Sono Mike, abito a Philadelphia, mio nonno era Fosco, il fratello di Giuseppe, vostro nonno".
Mario si era avvicinato e gli aveva stretto la mano, Elsa e Bianca si erano limitate a un cenno con il capo, sapevano chi era, ne avevano sentito parlare - il cugino americano - ma pensavano che non l'avrebbero mai conosciuto, d'altra parte la cosa non le interessava proprio.
Avevano acconsentito alla sua richiesta solo perché speravano che volesse acquistare la casa e poi se si fosse sistemato lì non avrebbe rotto le scatole a loro.
" Mi fermerò solo qualche giorno, non voglio disturbare, voglio stare nella camera di mio nonno e voi non dovete preoccuparvi di nulla, penso io a sistemarla "
Bianca gli tirò un'occhiata storta " E' chiusa da anni, sarà piena di polvere ….da pulire"
" Nessun problema, se c'è qualcuno che si può occupare delle pulizie io sono pronto a pagare il dovuto"
Elsa si fece avanti " Se mi paghi le pulizie le faccio io"
" Elsa !" Bianca non sembrava d'accordo " possiamo chiamare la Luisa.."
" Ma se paga…perché chiamare un'altra" piantò gli occhi addosso a Mike " ci penso io, 10 euro all'ora"
" bene" Mike non capiva questo atteggiamento scontroso ma in fondo, non era lì per loro.

Jamil seguiva le mani di Don Paolo che si muovevano nell'aria e delineavano i contorni della montagna come se fosse un quadro su una tela.
"Vedi, questo è il profilo del viso poi le mani incrociate e la veste lunga fino ai piedi"
Gli occhi ridenti del prete incrociano quelli del ragazzo afgano e il suo stupore.
Jamil l'aveva seguito fino alla chiesetta di pietra, su per il ripido sentiero e poi si erano seduti sull'erba e Don Paolo aveva tirato fuori dallo zaino due panini con la frittata e due bottigliette d'acqua minerale.
"È bello qui, vero? " e aveva sorriso.
Jamil aveva annuito e gli si era seduto accanto, non capiva tutto quello che gli diceva ma si fidava, quello che piaceva a Don Paolo piaceva anche a lui.
'La vedi quella montagna , strana vero?"
Jamil non ci vedeva niente di strano, era solo una montagna come le tante che aveva attraversato e meno bella delle grandi montagne intorno al suo villaggio.
"Si chiama la bella dormiente , il profilo di una donna addormentata, strano vero?"
Aveva addentato il panino e bevuto un sorso d'acqua prima di iniziare a tracciare il profilo della montagna. Con stupore Jamil l'aveva vista apparire, come se le mani del sacerdote la stessero dipingendo per lui, svelando il profilo di una gigantesca fanciulla di pietra che avrebbe dormito per sempre.
Aveva riso, dicendo - si si - e provando la cosa più vicino alla felicità come non gli succedeva da un tempo lontano, assaporando il panino e il silenzio di una pace dimenticata.
"Ti racconto"
Don Paolo si era voltato di scatto, la bocca piena di pane e di domande da trattenere, Jamil non aveva mai voluto parlare del come e perché era arrivato qui, si sapeva ben poco di lui e quel poco erano notizie estrapolate dai pochi documenti in suo possesso.
"Ti racconto" in un italiano stentato, la sua storia era uguale a quella di tanti altri, la fuga, le lunghe marce a piedi, la fame, il freddo, il caldo, il mare da attraversare.
"Don, io non torno, io a casa non torno mai, io sto qui"
"Perché, Jamil, perché non pensi che un giorno potresti tornare nella tua terra?"
Il ragazzo aveva gli occhi chiari, il sole li rendeva luminosi, guardava la montagna e sorrideva.
"Mi piace"
Poi si era alzato, frugato nelle tasche e trovato un sacchettino di tela lo aveva teso al prete, con un gesto maestoso, solenne.
Don Paolo non capiva " io non torno, io portato mia terra qui, se mescolo mia terra con questa terra allora anche questa terra diventa casa mia"
Si accuccio' vicino al prete e apri' piano, con delicatezza, il piccolo sacchetto di tela.
Dentro c'era della terra scura, una manciata di terra afgana.

La camera di Fosco era come lui l'aveva descritta, Mike la conosceva bene, senza esserci mai stato.
Nessuno se ne era interessato ed era rimasta come Fosco l'aveva lasciata, quasi ottant'anni prima.
Elsa aveva fatto un buon lavoro, il grande letto in legno aveva uno splendore antico, le lenzuola erano pulite e profumate, aveva acquistato un copriletto nuovo e anche se il materasso era un po' scomodo ci si poteva adattare per una notte.
Tutto era stato ripulito a fondo. Aveva preteso che fossero rimesse a posto le fotografie che si trovavano sparse nei cassetti, lucidate le cornici, passata la cera sui mobili.
Elsa obbediva in silenzio, probabilmente stupita dallo zelo del cugino ma era stata ben pagata e questo le bastava.
Mario lo aveva invitato a pranzo ma Mike aveva declinato l'offerta "non voglio disturbare, mi fermerò' solo due giorni, una sola notte, ho visto una trattoria in paese, grazie comunque"
Mario non aveva insistito, era veramente stupito che quel tipo avesse fatto fare un lavorone a Elsa per poi dormirci una notte, probabilmente non c'era speranza acquistasse la casa ma pazienza, solo non capiva cosa fosse venuto a fare.
"Sono qui perché ho fatto una promessa al nonno"
I tre cugini non avevano mai conosciuto Fosco e nonno Giuseppe si era limitato a raccontare che aveva un fratello emigrato in America.
Mario aveva cercato di saperne di più, c'era stato un tempo in cui sognava di andarsene da lì, da quel piccolo paese in collina e il sogno grande era l'America.
Quando era ragazzo, sognava anche lui la California e quel parente americano gli avrebbe fatto comodo ma nonno Giuseppe sbuffava e decretava "te me de bale, hai solo balle"
Si erano dimenticati di Fosco, la cascina cadeva a pezzi e volevano disfarsene, nessuno di loro aveva i soldi per ristrutturarla , il marito di Bianca avrebbe voluto ma si era arreso dopo i preventivi di ristrutturazione e ora questo cugino americano arrivava a tirare fuori cose vecchie e sepolte, come i loro rispettivi nonni.
"Guarda che un pezzo di cascina è anche suo"
Si erano riuniti a casa di Mario per capire come comportarsi e stavano discutendo se lasciare che Mike rovistasse tra le cose di famiglia, di cui fino al giorno prima a nessuno importava ma che improvvisamente erano diventate - proprietà -.
"Bianca ha ragione, era anche di Fosco , d'altra parte il Mike se ne sta chiuso in camera sua e si interessa solo delle cose di suo nonno"
"Ma cosa è venuto a fare ?" A Bianca non piaceva per niente, difficile comunque piacerle.
"Dice che deve mantenere una promessa, Elsa, tu che sei stata lì...che faceva?"
Elsa stava sempre in un mondo suo ed era molto più interessata ai cuscini nuovi del divano che alla conversazione "Eh…cosa…niente, non faceva niente di che, ha rotto le balle con le fotografie, tira fuori questa, metti sul comò quest'altra, pulisci bene la cornice, che balle !!! Belli i cuscini, Mario, dove li ha comprati Maria?"
"Lascia perdere i cuscini, ma non ti ha detto niente, possibile gli interessi solo la camera pulita…quello arriva dall'America per far pulire la camera di suo nonno? Elsa, pensaci, non ha chiesto niente, non ha fatto niente di strano?"
"Te l'ho detto, si è fissato con sta camera e per fortuna mi ha pagata bene se no, col cazzo che mi mettevo a pulire quella finestra piena di ragnatele e cacche d'uccello….devo chiedere a Maria se li ha comprati al mercato"
"Cosa"
"I cuscini"
"Elsa, santiddio, che finestra?"
"Ha detto, lascia stare la finestra che dà sul cortile ma quella che si apre sulla montagna la devi far splendere, scemo che è, era uno schifo quella finestra, sono secoli che nessuno l'apriva, ho fatto una fatica…"
I tre erano, se possibile, ancora più confusi.

"Dov'è che vuoi mescolare la terra, Jamil ?"
Don Paolo aveva in grembo il sacchetto aperto, la terra era scura, rossastra. Jamil ne prese delicatamente un pizzico con le dita e fece un cenno verso la montagna " Lì" Don Paolo scoppiò a ridere " Jamil, non è possibile, la montagna è lontana e per niente facile da raggiungere, c'è una valle, laggiù, e tanta gente che ci vive, la bella dormiente svanisce se ci vivi sopra"
" No, Don, va bene dove si vede la donna, va bene qui"
" Qui è un prato, non si può coltivare, non capisco , cosa vuoi fare?"
" La mia terra si deve mescolare con la tua, qui bello, pace, silenzio, qui chiesa e tu ami chiesa, io non so se rimanere, se mi lasciano rimanere, ma qui mi piace resti mia terra, non so dove vado e non so più quale mio posto ma voglio avere due case, una lontana e una qui"
"Perché?" Don Paolo aveva capito ma voleva sentirlo dire.
"Perché qui tu buono, perché qui terra buona e perché mia terra avrà di fronte donna addormentata, come mia madre"

Mike apri' il pacco, come voleva nonno, seduto con la finestra spalancata sulla montagna.
Glielo aveva sentito dire innumerevoli volte, sin da quando, bambino, se lo prendeva sulle ginocchia e mostrava la foto.
"Questa è casa mia, questa montagna si vede dalla finestra della mia camera" e poi con le mani ne segnava il contorno, come disegnandola.
"La vedi la donna addormentata ? Si chiama la bella dormiente e l'ho lasciata là, incorniciata nella mia finestra "
L'ossessione per la montagna si manifestava con fotografie di varie dimensioni sparse per la casa e veniva tollerata da Marilyn e da tutti quelli che lo conoscevano.
A casa parlava italiano e sua moglie, americana, che sapeva a malapena dove fosse l'Italia, aveva imparato una lingua che parlava solo con lui e con suo figlio, e in seguito con il nipote.
Fosco amava il paese in cui viveva ma questo non gli impediva di amare anche quello da cui veniva.
Fuori dalle mura di casa non si esprimeva mai in italiano, molti dei suoi compaesani pensavano l'avesse dimenticato, lavorava alla General Motors, guidava una Chevrolet e si era comprato la casa con il patio e il barbecue in giardino, i suoi amici erano yankees e uno sparuto gruppo di italiani con cui parlava solo in inglese.
Dopo la disgrazia si chiuse in se stesso, vendette la Chevrolet e lasciò arrugginire il barbecue, ora in italiano parlava solo con Mike.
Tra l'uomo e il ragazzino l'affetto divenne unico e profondo, quando il nonno parlava della sua montagna lui già sognava il giorno in cui sarebbero andati insieme a vederla.
Faceva così parte della loro vita, quella piccola ossessione ,che Mike non se ne chiedeva il motivo. Lo fece una volta soltanto, già ragazzo al College, era Natale ed era tornato a casa, aprivano i regali, loro due soltanto, il nonno felice di averlo vicino.
" Nonno, ma perché questa montagna, cosa ha significato per te da esserne così legato?"
Lui aveva riso, riso forte " Mike, la montagna è il ricordo, l'unico bello…io non ci tornerei mai a vivere là "
Mike l'aveva guardato stranito " Ma se è da sempre che ne parli, ma se ci sono foto dappertutto…nonno, hai obbligato pure la nonna a imparare l'italiano…"
" ora ti spiego" e si era seduto sulla sua poltrona preferita, proprio sotto la fotografia gigante della montagna, quella che teneva quasi tutta la parete.
" Non è che fossi molto felice, in Italia, me ne sono andato perché mio padre si era messo la camicia nera e voleva farla indossare anche a me, avevo 16 anni e nessuna voglia di essere fascista, sognavo l'America. Mio fratello invece non vedeva l'ora di mettersi quella roba nera addosso e io ricevevo solo schiaffoni e urla. Gli schiaffoni diventarono botte più dure e io stavo chiuso in camera, l'unica cosa bella che vedevo era quella montagna. A me piaceva Giulia, non so nemmeno se a lei io piacevo, non ho mai trovato il coraggio di chiederglielo, ma un giorno, uno dei pochi che mi hanno lasciato uscire, si vergognavano di me, alla festa del paese abbiamo chiacchierato seduti sulla panchina davanti alla montagna e io non avevo mai notato che fosse una donna sdraiata, per me era una montagna e basta, lei con la mano ne aveva disegnato il contorno e mi aveva detto il suo nome. Muoveva quella mano in un modo così delicato, dolce, ripeteva, sai si chiama bella dormiente, io guardavo e vedevo per la prima volta e ho sempre pensato le assomigliasse.
Pochi giorni dopo Giulia è stata uccisa da una camionetta guidata da ragazzotti del fascio ubriachi e io ho deciso che quel posto non era più casa mia. Sono scappato, ho pure rubato i soldi che mamma teneva nel barattolo in cucina e non so come sono arrivato a Genova. Con quei pochi soldi non è stato difficile imbarcarmi e venire qui. Questo è diventato il mio paese ma le radici pesano, rimangono attaccate sotto, è così difficile strapparle, io volevo rimanessero solo una cosa mia, nostra, della famiglia. Queste riunioni nostalgiche tra italiani non mi sono mai piaciute, ho faticato a imparare l'inglese ma ora è la mia lingua, questo non significa che non debba saper parlare l'italiano"
Mike lo guardava confuso, tutto era diverso da come lui aveva sempre pensato.
" Mike, io non ci tornerò in Italia, ci andrai tu, dopo che io me ne sarò andato, andrai a vedere la mia camera, la finestra sulla montagna e la donna addormentata, quando sarà ora.. non oggi...speriamo ancora per un po'"
Aveva riso forte e abbracciato Mike, nel suo modo solito, stringendo fin quasi a far male.
C'era stato ancora un bel po', nonno Fosco si era spento una mattina di dicembre a novantasei anni, ancora vigile e forte, addormentato sulla sua poltrona preferita, quella sotto la montagna.
Il pacco era nel cassetto del suo comodino, con una lettera sopra. - Per Mike-.
Ciao Mike, spero di essermene andato senza soffrire e senza dar fastidio – accontentato, nonno, accontentato- come vedi qui c'è un pacchetto, ne abbiamo parlato una volta, tanto tempo fa. Aprilo in camera mia, davanti alla montagna, quando lo aprirai capirai da solo cosa devi fare. Che non ti venga in mente di portare le mie ceneri laggiù, primo, io non voglio essere cremato,secondo, io voglio andare sotto terra, se trovi posto mettimi vicino a Marilyn e a tuo padre e tua madre, loro sono stati fortunati, se ne sono andati insieme. Per fortuna io avevo te e devo dire che anche tu sei stato fortunato ad avere me. Mentre lo scrivo rido, immagino la tua espressione, stai pensando nonno sei sempre lo stesso, vero, io sono rimasto sempre lo stesso, non ho dimenticato quello che ho lasciato ma sono stato felice di quello che ho avuto. Un abbraccio a Sally, ti ho sempre detto che ti sei preso una gran donna e un bacio a Daniel.
Non dimenticare mai di parlare italiano con lui.
Nonno Fosco

p.s nella busta ci sono i soldi per l'aereo.

Mike era uno dei migliori avvocati di Philadelphia, la risata riempì la casa vuota ed era uguale a quella di suo nonno.
Li usò, quei soldi, per il biglietto aereo, deciso a seguire esattamente le cose come le aveva stabilite lui e ora doveva aprire il pacco.
Dentro c'erano due sacchetti di tela, uno a quadretti bianchi e rossi sbiaditi e l'altro di tela blu, più in buono stato.
Contenevano entrambi terra, quella del sacchetto a quadretti era secca e dura, l'altra più morbida e scura. Sul fondo del pacco un biglietto appiccicato con lo scotch MESCOLARE CON CURA E REGALARE ALLA MONTAGNA.
La giornata era limpida e la montagna si stagliava netta davanti a lui.
Seguì le istruzioni e soffio' forte, una nuvola di terra volò verso la bella dormiente.>>

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