domenica 19 novembre 2017

Il rapimento di Ennio...


Un'altra iniziativa del gruppo di redazione. Protagonisti ancora i bambini, con le loro paure, i pianti, i loro sorrisi, i loro commenti, la voglia di esprimersi e le loro urla. Verrebbe da dire che "non poteva andare meglio di così". Invece no, andrà ancora meglio di così, matureremo e prenderemo una maggiore confidenza con i nostri ruoli. I bambini sono importanti, dalla loro educazione, dalla loro preparazione dipende il nostro futuro. Si devono rimproverare quando è necessario, ma si devono coccolare e amare. Siamo molto motivati e determinati, miglioreremo. 
Dopo il Mammutones, la fuga nel parco (mi hanno rapito le Masche). Qua e là le luci delle candele, strani rumori rompevano il silenzio, la luna lasciava intravedere i contorni di ogni cosa. La serata era magica e nel buio lunare ho incontrato una Masca, con lei ho atteso che si accendesse il grande falò. 
Anche con le nostre, apparentemente piccole, iniziative possiamo tendere ad evitare che i nostri piccoli, diventati più grandicelli,  non vedano l'ora di trascorrere il sabato pomeriggio nei centri commerciali. Non è colpa loro se questi sono diventati i soli punti di ritrovo e di aggregazione disponibili. A volte penso che questo sia sempre meglio che occupare il tempo a coltivare strane ideologie o ascoltare oratori che in realtà sono responsabili di tutto questo.
Forse i nostri ragazzi camminerebbero volentieri per le vie del loro quartiere, del loro paese, della loro città invece che nella confusione di luci, colori e musichette che pubblicizzano le varie offerte di prodotti. Sotto accusa sono le operazioni urbanistiche che per decenni hanno svuotato i centri abitati con interventi che hanno sostituito i più tradizionali luoghi di incontro e aggregazione, tipo le piazze, con l'accentramento di negozi e uffici. 
Si è teso a privare i cittadini di quel senso spontaneo di solidarietà e a richiamarlo solo in certe circostanze secondo i fatti di cronaca.
Siamo bravi, lo abbiamo dimostrato, possiamo anche noi contribuire a costruire un mondo migliore.
Ennio


"Le masche " - il fantastico a misura di paese

Nei tempi lunghi dell'inverno, quando uomini e bestie erano costretti
all'immobilità dal sonno della campagna, nei fiati umidi delle stalle attorno alla lucerna
si raccontavano le faule (favole e leggende).
Fate e streghe, diavoli e trapassati uscivano dal reame pagano dei boschi con le
loro crudeltà o i loro capricci, per suscitare problemi di convivenza con i mortali.
La storia delle "masche" veniva tramandata da filatrici rugose o da scorbutici
barba (zio); dagli angoli remoti del paese, dalle cascine Taianda alla Vicaria, dalla
Bergandina al Dweis, si procedeva a esorcizzare il maligno con racconti di preti che
facevano la fisica (magia), di ragazze indemoniate che parlavano svariate lingue
straniere, di stoviglie che volavano, di donne che davano alla luce neonati con teste di
animali e così via.
II buio si faceva più buio, i rumori facevano sobbalzare dalla paura, la pelle si
accapponava.
Nei nostri orecchi bambini si riversavano i turbini delle fate trasvolanti, i
lamenti dei neonati sequestrati, le gelanti sghignazzate del diavolo e poi . . . . a dormire
nelle fredde camere dai letti caldi di buiota (contenitore metallico dell'acqua calda) e,
quando la luce si spegneva la magica paura ci accompagnava
Al mattino, a volte, ci sorprendeva la neve e i canti delle grive (merli) i racconti
della sera annegavano in una tazza di latte caldo.
Il magico, il divino, il favoloso inondavano i nostri pensieri e i brividi di
emozione ci accompagnavano ancora nel buio. Solo le grandi mani nodose dei nostri
vecchi ci rassicuravano con ruvide carezze.
Un vecchio del paese mi raccontò una storia che intitolerei il posto fresco delle
civette (in burolese "a post fresc d'i nuc"):

Da quando ero bambino, molto tempo fa, sulla nostra collina Serra grande c'era un
posto, al limitare del bosco, dove si coltivavano i castagni da frutto (arbui).
Sotto queste piante l'erba era rasa e crescevano fiori e frutti di bosco.
Anche nella calura estiva quel posto era sempre stranamente fresco.
Li nidificavano le civette e nelle notti di luna chiara si potevano ammirare i loro occhi
tondi brillare. Il loro canto notturrno faceva sentire un brivido lungo la schiena.
Che posto strano era quello !
Le castagne di quegli alberi erano particolarmente dolci e morbide e avevano un
singolare odore di zolfo.
Qualcuno diceva di aver visto il diavolo aggirarsi lì di notte e le civette precipitare al
suolo come palle di fuoco.
Ora quel posto non c'è più, o meglio, è trasformato da circa 50 anni in meleto: le mele
però continuano ad avere uno strano odore di zolfo.


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