Ventiquattro
ore senza spendere nulla. Potrebbe essere un modo di iniziare questo
nuovo anno. Perché no, mettersi alla prova, capire quanto siamo
liberi nel fare i nostri acquisti o quanto le condizioni esterne,
mode, pubblicità, influenzano il nostro modo di vivere.
Ventiquattro
ore senza spendere nulla credo sia impegnativo ma stimolante per
comprendere i bisogni autentici e quelli indotti. Si sa che viviamo
nella cosiddetta società dei consumi, nel senso che se non si
consumasse si fermerebbero le produzioni di beni, chiuderebbero le
aziende e molti lavoratori perderebbero la loro fonte di reddito, non
pagherebbero più le tasse e si impoverirebbe anche lo stato. Insomma
la dinamica è un po' questa.
Allora
perché suggerire questo giochino delle ventiquattro ore senza
acquisti. Se ci limitassimo a una giornata all'anno a titolo
simbolico non succederebbe niente sul piano economico, ma si
troverebbe più tempo da dedicare agli amici, ai familiari, si
potrebbe leggere e guardarsi intorno.
In
realtà penso che si dovrebbe andare oltre, alla ricerca di una vita
più semplice, di una maggiore sobrietà. Per mantenere questi
livelli di vita le nostre società devono produrre molti beni e per
produrre molti beni c'è bisogno di tanta energia. Le materie prime
per la produzione di energia, che l'uomo prende dalla natura, non
sono infinite e la popolazione mondiale tende a crescere velocemente.
Il
modello economico in cui noi viviamo, molto diffuso nel mondo ha
creato benessere a livelli diversi, ma dobbiamo anche dire che
accentrando la ricchezza nelle mani di pochi ha anche procurato una
grande povertà. I livelli di consumo raggiunti in grandi aree del
pianeta si stanno dimostrando incompatibili con l'ecosistema. I
cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento dell'atmosfera e
degli oceani stanno procurando danni immensi e cambiamenti epocali.
E'
evidente che tutti questi temi meritano di essere approfonditi, ma
voglio condividere con voi alcune riflessioni.
Quando
da ragazzo mi avvicinai alla politica avevo una vaga idea della
giustizia, dei rapporti fra gli uomini e di come io li desideravo.
Nei partiti trovavo in ognuno la difesa di determinati interessi, chi
si ispirava al mondo del lavoro e chi invece esaltava le differenze e
le varie opportunità della democrazia e delle libertà individuali.
Sentivo già allora un maggior interesse per le questioni che
riguardavano l'intera umanità che non quelle del singolo.
Siamo
tutti disposti ad ammettere che la nostra libertà finisce dove
inizia quella di un'altro, ma limitiamo per lo più questo concetto
al massimo dentro i confini nazionali.
Non
solo le guerre, la fame, i regimi dittatoriali, ma anche le nuove
condizioni climatiche sono motivo di grandi migrazioni. Oggi divido
il mondo in pance piene e pance vuote e finché c'è una pancia vuota
vuol dire che ancora non c'è giustizia.
Produrre
sempre di più per mantenere i nostri livelli di vita accelera il
consumo delle risorse e quindi l'impoverimento del pianeta. Le
energie alternative e pulite, da sole non sono sufficienti. Ancora
oggi le questioni drammatiche che ho citato inducono a cercare delle
risposte. Nella testa di chi governa il mondo pare non vi sia posto
per queste problematiche, l'ottica è sempre quella di puntare ad una
maggiore crescita, per uscire dalle crisi sempre più frequenti e
durature. Quello che però si prefigura è un maggiore precariato e
forme di lavoro che somigliano sempre di più a una nuova schiavitù.
La
critica all'economia in quanto modello, la critica alla tecnologia e
al cosiddetto progresso, la critica al monopolio, alla finanza, sono
sempre benefiche.
Occorre
diffidare di un certo ottimismo di buon mercato, di chi se ne serve
magari anche in buona fede spacciandosi per neutrale. Nulla è
neutrale, per la semplice ragione che tutto è prodotto dall'uomo.
Tutte le ricerche dell'uomo hanno carica positiva e negativa in
rapporto alla funzione per cui sono nate. Voglio dire che criticare
le armi ancora non comporta una implicita critica alla guerra. Il
rapporto fra l'aspetto positivo e negativo è sempre assai complesso,
ma c'è ed è bene ricordarsene sempre. Sembra si sia costruito un
fronte unico in favore della tecnica, dei monopoli, della
pseudoscienza dell'economia e delle sue regole.
Nella
critica a questa apparente armonia sarebbe insufficiente attaccare un
aspetto senza aggredire anche l'altro. Bisogna sempre essere molto
attenti nell'esaminare come le conquiste della moderna tecnologia
possono essere volte a beneficio dell'uomo, o contengano un
potenziale regressivo. Accettare senza riserve il progresso
tecnologico è sempre pericoloso. Gli strumenti e i metodi produttivi
si devono vagliare non solo in funzione del loro uso, ma dalle
ripercussioni e dall'impatto che possono determinare a livello
sociale.
Ennio
Mucelli
Un giorno senza acquisti mi fa pensare ad una specie di dipendenza da consumo. Passare dalla dipendenza alla consapevolezza è possibile, basta partire dalla domanda: che cosa sto comprando? A cui possiamo fare seguire: è sano? E' giusto (sono rispettati i diritti di chi l'ha prodotto)? E' locale (quanta strada ha fatto)? Piccole domande che, se diventassero sistema, cambierebbero in profondità l'economia, la società e ridurrebbero l'impatto ambientale.
RispondiElimina