venerdì 2 febbraio 2018

E' solo un gioco

Ventiquattro ore senza spendere nulla. Potrebbe essere un modo di iniziare questo nuovo anno. Perché no, mettersi alla prova, capire quanto siamo liberi nel fare i nostri acquisti o quanto le condizioni esterne, mode, pubblicità, influenzano il nostro modo di vivere.
Ventiquattro ore senza spendere nulla credo sia impegnativo ma stimolante per comprendere i bisogni autentici e quelli indotti. Si sa che viviamo nella cosiddetta società dei consumi, nel senso che se non si consumasse si fermerebbero le produzioni di beni, chiuderebbero le aziende e molti lavoratori perderebbero la loro fonte di reddito, non pagherebbero più le tasse e si impoverirebbe anche lo stato. Insomma la dinamica è un po' questa.
Allora perché suggerire questo giochino delle ventiquattro ore senza acquisti. Se ci limitassimo a una giornata all'anno a titolo simbolico non succederebbe niente sul piano economico, ma si troverebbe più tempo da dedicare agli amici, ai familiari, si potrebbe leggere e guardarsi intorno.
In realtà penso che si dovrebbe andare oltre, alla ricerca di una vita più semplice, di una maggiore sobrietà. Per mantenere questi livelli di vita le nostre società devono produrre molti beni e per produrre molti beni c'è bisogno di tanta energia. Le materie prime per la produzione di energia, che l'uomo prende dalla natura, non sono infinite e la popolazione mondiale tende a crescere velocemente.

 
Il modello economico in cui noi viviamo, molto diffuso nel mondo ha creato benessere a livelli diversi, ma dobbiamo anche dire che accentrando la ricchezza nelle mani di pochi ha anche procurato una grande povertà. I livelli di consumo raggiunti in grandi aree del pianeta si stanno dimostrando incompatibili con l'ecosistema. I cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento dell'atmosfera e degli oceani stanno procurando danni immensi e cambiamenti epocali.
E' evidente che tutti questi temi meritano di essere approfonditi, ma voglio condividere con voi alcune riflessioni.
Quando da ragazzo mi avvicinai alla politica avevo una vaga idea della giustizia, dei rapporti fra gli uomini e di come io li desideravo. Nei partiti trovavo in ognuno la difesa di determinati interessi, chi si ispirava al mondo del lavoro e chi invece esaltava le differenze e le varie opportunità della democrazia e delle libertà individuali. Sentivo già allora un maggior interesse per le questioni che riguardavano l'intera umanità che non quelle del singolo.
Siamo tutti disposti ad ammettere che la nostra libertà finisce dove inizia quella di un'altro, ma limitiamo per lo più questo concetto al massimo dentro i confini nazionali.
Non solo le guerre, la fame, i regimi dittatoriali, ma anche le nuove condizioni climatiche sono motivo di grandi migrazioni. Oggi divido il mondo in pance piene e pance vuote e finché c'è una pancia vuota vuol dire che ancora non c'è giustizia.
Produrre sempre di più per mantenere i nostri livelli di vita accelera il consumo delle risorse e quindi l'impoverimento del pianeta. Le energie alternative e pulite, da sole non sono sufficienti. Ancora oggi le questioni drammatiche che ho citato inducono a cercare delle risposte. Nella testa di chi governa il mondo pare non vi sia posto per queste problematiche, l'ottica è sempre quella di puntare ad una maggiore crescita, per uscire dalle crisi sempre più frequenti e durature. Quello che però si prefigura è un maggiore precariato e forme di lavoro che somigliano sempre di più a una nuova schiavitù.
La critica all'economia in quanto modello, la critica alla tecnologia e al cosiddetto progresso, la critica al monopolio, alla finanza, sono sempre benefiche.
Occorre diffidare di un certo ottimismo di buon mercato, di chi se ne serve magari anche in buona fede spacciandosi per neutrale. Nulla è neutrale, per la semplice ragione che tutto è prodotto dall'uomo. Tutte le ricerche dell'uomo hanno carica positiva e negativa in rapporto alla funzione per cui sono nate. Voglio dire che criticare le armi ancora non comporta una implicita critica alla guerra. Il rapporto fra l'aspetto positivo e negativo è sempre assai complesso, ma c'è ed è bene ricordarsene sempre. Sembra si sia costruito un fronte unico in favore della tecnica, dei monopoli, della pseudoscienza dell'economia e delle sue regole.
Nella critica a questa apparente armonia sarebbe insufficiente attaccare un aspetto senza aggredire anche l'altro. Bisogna sempre essere molto attenti nell'esaminare come le conquiste della moderna tecnologia possono essere volte a beneficio dell'uomo, o contengano un potenziale regressivo. Accettare senza riserve il progresso tecnologico è sempre pericoloso. Gli strumenti e i metodi produttivi si devono vagliare non solo in funzione del loro uso, ma dalle ripercussioni e dall'impatto che possono determinare a livello sociale.
Ennio Mucelli

1 commento:

  1. Un giorno senza acquisti mi fa pensare ad una specie di dipendenza da consumo. Passare dalla dipendenza alla consapevolezza è possibile, basta partire dalla domanda: che cosa sto comprando? A cui possiamo fare seguire: è sano? E' giusto (sono rispettati i diritti di chi l'ha prodotto)? E' locale (quanta strada ha fatto)? Piccole domande che, se diventassero sistema, cambierebbero in profondità l'economia, la società e ridurrebbero l'impatto ambientale.

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